Gabriele Rossetti trascorse a Vasto l’infanzia e la giovinezza fino ai 21 anni, quando, grazie ad una raccomandazione del conte Venceslao Mayo, padre di un suo amico di studi e amministratore dei beni dei Marchesi d’Avalos a Vasto, venne accolto a Napoli dal marchese Tommaso d’Avalos che ne finanziò gli studi.

Con l’arrivo dei francesi nel 1806, i marchesi d’Avalos si spostarono in Sicilia con la corte borbonica e Rossetti cercò la protezione di Giuseppe Bonaparte, a cui dedicò un libro di odi. Venne ricompensato con il posto di Conservatore dei marmi e dei bronzi antichi presso il Real Museo di Napoli. 

Con l’occupazione francese dello Stato Pontificio del 1808, Rossetti si spostò a Roma, dove fu nominato socio dell’Accademia Tiberina e di quella degli Arcadi, assumendo lo pseudonimo di Filodauro Labediense. Con l’avvento sul trono di Napoli Gioacchino Murat, Rossetti proseguì la sua carriera, divenendo librettista del teatro lirico San Carlo di Napoli.

L’adesione al regime napoleonico non deve stupire, poiché Rossetti apparteneva ad una famiglia che aveva abbracciato fin da subito agli ideali rivoluzionari nel 1799 e aveva anche pagato le conseguenze della prima restaurazione, quando suo cugino Floriano Pietrocola era stato trucidato dai Sanfedisti in quanto municipalista dell’autoproclamata Repubblica Vastese.

Infatti, al ritorno dei Borbone, pur mantenendo gli incarichi ricevuti con il precedente regime, Rossetti divenne uno dei punti di riferimento della fronda antiborbonica.

Aderì alla carboneria e ai moti del 1820 che portarono alla concessione della Costituzione. Le odi civili composte in quell’anno divennero veri e propri inni risorgimentali, declamati dai napoletani durante le adunate e le battaglie che contraddistinsero i mesi successivi.

 “Sei pur bella con gli astri sul crine” e “Al campo, al campo”, scritte riprendendo lo stile del poeta spartano Tirteo, sarebbero rimaste famose in tutta Italia durante il risorgimento e gli sarebbero valse il soprannome di “Tirteo d’Italia” coniato dal suo grande ammiratore Giosuè Carducci.

La sconfitta dei liberali il 21 marzo 1823 nella battaglia di Antrodoco, a cui forse Rossetti partecipò anche sul campo, spianò la strada all’invasione delle truppe austriache, che restaurarono il regime borbonico creando il Regno delle Due Sicilie. Circa mille carbonari e murattiani vennero condannati a morte, ma mentre alla maggior parte di essi il re Ferdinando concesse l’amnistia, Rossetti fu costretto a nascondersi a Malta fino al 1824.

Quell’anno, visto il permanere della condanna a morte sul suo capo, decise di riparare a Londra, dove sarebbe vissuto in povertà, insegnando letteratura italiana, fino alla sua morte avvenuta nel 1853.